Presentazione del libro
"Nella vita bisogna fare una scelta. Lo so che questo non è il mio paese, ma c'è la libertà da difendere e se nessuno ci prova le cose non cambieranno mai".
Da queste parole è già chiara la caratura morale di Libero Giancarlo Castiglia, calabrese emigrato in Brasile negli anni ’50 e membro della resistenza alla dittatura militare brasiliana. La sua vicenda è stata ricostruita dal libro del giornalista Alfredo Sprovieri “Joca, il “Che” dimenticato: La vera storia del ribelle italiano che sfidò il regime dei Gorillas”, che ha fatto emergere diversi interrogativi sulla fine di Castiglia e sulle responsabilità del regime brasiliano.
Interviene
Alfredo Sprovieri – giornalista ed autore del libro
Introduce e modera
Amerigo Sallusti – scrittore, attivista sociale e della solidarietà internazionale
Iniziativa in collaborazione con la Biblioteca Civica “Battisti”,
l’associazione Amici della Colonia Venezia, la Biblioteca Culture del Mondo e la Nuova Libreria Cappelli.
Libero Giancarlo Castiglia emigrò in Brasile dalla Calabria a metà degli anni '50. Dopo un'esperienza come metalmeccanico a Rio De Janeiro, iniziò a collaborare con la redazione del giornale comunista "A Classe Operaria".
Anni difficili, quelli della dittatura militare che depose con la forza il governo del trabalhista João Goulart: il nuovo governo proibì gli scioperi e nel 1965 mise fuori legge le forze politiche avversarie. Castiglia poteva tornare in Italia, ma decise di rimanere e di unirsi alla resistenza con il soprannome di “Joca”.
Dopo anni di battaglie Joca e i suoi compagni vennero sconfitti fra il 1973 e il 1974, e sparirono nel nulla a seguito di un imponente rastrellamento.
All'inizio del nuovo millennio, però, in una fossa comune vicina al grande fiume Araguaia, viene ritrovato uno scheletro con le mani mozzate: il governo brasiliano ritiene possano essere i resti dell'italiano e organizza una spedizione in Calabria alla ricerca del suo DNA. Ma da quel giorno di speranza ritorna il silenzio, nessuno in tutti questi anni ha mai voluto dare alla sua famiglia quello che gli spetta di diritto: il corpo del proprio caro insieme alla verità sulla sua morte.
Introdotto da Goffredo Fofi, il libro racconta le città e le foreste in cui il Plan Condor inghiottì la meglio gioventù sudamericana.
Alfredo Sprovieri fa parte del Centro di Giornalismo Permanente e a Roma insegna nei laboratori di scrittura della Scuola di Giornalismo “Lelio Basso” e del centro potenziale per giovani adulti “Argolab”. Si occupa da oltre 20 anni d’inchiesta e reportage; ha fondato e diretto la rivista indipendente Mmasciata, è stato redattore centrale e caposervizio a Calabria Ora e ha scritto, fra gli altri, per: Vanity Fair, Il Venerdì, Repubblica e Irpimedia.